Groove
Lo studio di registrazione è un posto infame. E’ come il tuo professore antipatico. Quello che ti fa un culo così, perché becca sempre i tuoi difetti, tirandoli fuori nel momento in cui vuole. Magari hai anche studiato per prepararti, probabilmente hai tralasciato – per la fretta – una pagina o due, e proprio quelle ti chiederà; lo stesso professore odioso che poi tra le righe ti dirà invece cosa sai fare bene, e ti farà puntare tutto su quello. Non c’è palco, non c’è pubblico, non c’è band, non c’è distrazione, non ci sono filtri. Tu e un microfono. Lo studio però è anche il migliore amico, che ti mostra al mondo per come sei veramente. Ti può difendere, se ne vale la pena. A volte ti aiuta. E allora entri, prendi confidenza se è la prima volta, ti posizioni, fai le prime stesure dei brani, chitarra e voce. Decidi la tonalità e la velocità del pezzo. “Fammela con un bel Groove”, ti chiedono. Mi sono sempre chiesto cosa fosse il groove. Se anticipare i colpi, posticiparli, cantare indietro, avanti. La verità è che nessuno sa cosa sia. E’ come spiegare il concetto di Qualità. Boh! Difficile.
Credo che avere groove sia – per avvicinarmi al concetto – suonare con la giusta vibra. Tu e il tuo ritmo, nel tempo. Alla fine, nessun voto, nessuna pagella. Soltanto suonare veramente, divertendosi. Ridendo. Tanto poi avrai sempre modo di fare un’altra take, l’ultima (che di solito è la migliore, come la prima). Poi basso e batteria. Lo scheletro del pezzo, la struttura portante, l’incastro perfetto, il giusto momento tra cassa, rullante, charlie, corda, tempo, spazio, tutto. Un surfista che prende l’onda perfetta nel momento giusto, e si alza con naturalezza toccando l’acqua con la mano. Essere “sul pezzo” ha la stessa sensazione di scorrimento, di flusso perfetto. Un attimo prima o dopo, un ripensamento, ed è perso. Arriveranno altre onde, altri esami, altre note e anche altre canzoni. Altri groove. Ma lo spirito giusto resterà sempre quello di ridere. Sorridere in faccia a ogni click del metronomo, a ogni ticchettio nello scorrere dei giorni, perché l’errore non esiste: esisti soltanto tu, e la tua musica.