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Una vita in Erasmus

Una vita in Erasmus

 

Nell’unico bar fuori dalla metro del quartiere residenziale di Canyelles servono anche piatti completi. Forse non ho così tanta fame, meglio un mezzo panino, jamón “del país” e formaggio. Il pane con pomodoro, ovviamente. Vicino a me il vecchio Pepe, in tasca molti spicci, paga il bicchiere di vino con una banconota arancione. Così, per smacco alla vita, mentre il cameriere, abituato alla scena, fa un ghigno complice e gli dà il resto. Nell’altro e ultimo tavolo del locale, lei, incinta, racconta al futuro padre di qualche sua zia mentre lui, con una pancia ancora più grossa, mangia, guarda la piccola tv appesa sul muro in alto e discute col barista se sia davvero così pessimo Cristiano Ronaldo. Niente a che vedere con Messi, risponde l’altro, mentre pulisce il bancone d’acciaio. Qui a Barcelona l’aria di novembre è tiepida, anche se piove. Il mare addolcisce l’autunno e io chiedo un caffè: non è neanche male. Ho la stessa sensazione di quando, qualche anno fa, stavo per entrare all’università, a Bruxelles. La mia prima lezione da Erasmus, una delle poche. Oggi come in quel giorno -rarità- sono arrivato in anticipo. Non so niente, nessuna aspettativa, niente di niente. Stavolta niente economia, stavolta chitarra. Chitarra flamenca. Non ho con me lo strumento, me lo daranno alla scuola. Ho un quaderno, scrivo per uccidere il tempo. Mi chiedo come sarà. Mi rendo conto di avere anche lo stesso entusiasmo di qualche anno prima, e neanche tanto consapevole, anzi. Non ho idea di quello che mi aspetta. Chissà se sarà stata una buona scelta, chissà cosa dovrò studiare, imparare, sudare. So che conteranno poco tutti i concerti, festival, serate, canzoni, dischi da presentare. Qui ho le stesse preoccupazioni di anni prima, prima dell’università, prima del liceo, prima delle medie, prima di arrivare in Italia. Mi chiedo quando sia cominciato questo Erasmus. Forse a 8 anni, quando siamo partiti dall’Argentina. Forse ancora deve finire. Chissà quanti esami mancano in un piano di studi infinito. Dopo qualche giorno da turista per caso, e una vita da studente per scelta, suono il campanello: “Adelante…!”.